lunedì 22 agosto 2016

Il terzo occhio

Il terzo occhio dello sciamano

La ghiandola pineale viene detta “terzo occhio”, poiché secondo antiche credenze, una volta attivata, conferirebbe la vista interiore, cioè la capacità di accedere a poteri psichici ed a livelli elevati di conoscenza.

La ghiandola pineale o epifisi (dal greco epi-fysin, che significa al di sopra della natura) è una ghiandola endocrina situata nell’epitalamo, tra diencefalo e terzo ventricolo, attraverso il quale comunica con il liquor cerebro-spinale (o cefalo-rachidiano). Circondata dal sistema limbico, con la base collegata al talamo ottico, l’epifisi si trova tra i due emisferi, al centro del cervello.

Grande più o meno come una nocciola (diametro circa 10 mm, peso 150-200 mg), la pineale ha un colore rosso bruno ed una forma simile ad una pigna, da cui deriva la sua denominazione. È riccamente vascolarizzata, in quanto riceve il più abbondante flusso sanguigno di qualsiasi altra ghiandola del corpo.

Nella parte interiore sono presenti fotorecettori (bastoncelli) simili a quelli presenti nella retina. La pineale viene detta “terzo occhio” poiché, secondo antiche credenze, una volta attivata, conferirebbe la vista interiore, cioè la capacità di accedere a poteri psichici ed a livelli elevati di conoscenza. Infatti nell’antico Egitto l’occhio di Ra o occhio di Horus si identifica col terzo occhio presente, peraltro, anche nella banconota del dollaro americano. Tuttavia, in generale, l’epifisi è simbolicamente rappresentata presso varie culture come una pigna...



La produzione ormonale della ghiandola pineale è massima nei primi mesi di vita, per poi scemare gradualmente dopo i dodici anni, fino a dimezzarsi verso il quarantacinquesimo anno di età. Nell’infanzia, dopo i sette anni, in seguito ad un processo di calcificazione, spesso si depositano nella ghiandola dei minerali che la rendono visibile ai raggi X. Si tratta di concrezioni calcaree di fosfati e carbonati di calcio costituenti i cristalli di idrossiapatite o microcalcite (sabbia pineale). L’idrossiapatite ha proprietà piezoelettriche, essendo in grado di trasformare le vibrazioni in impulsi elettrici.

La ghiandola pineale è visibile nel feto al 49° giorno (settima settimana) di gestazione, quando si formano i caratteri sessuali differenziati. Tale data coincide, secondo la tradizione tibetana, con la migrazione dell’anima nel corpo.

Secondo le filosofie orientali la ghiandola pineale produrrebbe in piena attività circa 900 sostanze e vari ormoni. 

Il liquido secreto è detto “amrita”. Ad esso vengono attribuiti poteri miracolosi, tra cui la guarigione da malattie, l’immortalità e l’illuminazione.

Fattori inibenti la ghiandola pineale sono l’insonnia, lo stress, la dieta iperproteica, e determinati campi elettromagnetici. Nel 1995 in un Centro Ricerche di Hannover fu dimostrato, tramite esperimenti di laboratorio, che già campi elettromagnetici piuttosto deboli potevano esercitare una influenza negativa sulla pineale. In particolare, è stato rilevato che i campi elettromagnetici emessi dai comuni elettrodomestici come televisori, forni a microonde, telefoni mobili, computers, e le linee dell’alta tensione,possono portare ad una notevole riduzione della produzione di melatonina da parte della ghiandola pineale.

Un altro importante fattore inibente della ghiandola pineale è il fluoro. Alla fine degli anni ’90 uno scienziato di nome Jennifer Luca realizzò il primo studio sugli effetti del fluoruro di sodio sulla ghiandola pineale. Ulteriori ricerche compiute anche in altri laboratori confermarono ciò che era stato evidenziato fin dall’inizio: l’epifisi è come una calamita per il fluoruro di sodio, ed è la parte del corpo che ne assorbe di più, anche rispetto alle ossa. Inoltre il composto chimico, accumulandosi nella pineale, ne accelera il processo di calcificazione, bloccandone le funzioni fondamentali.

Il fluoruro di sodio è presente nel 90% delle acque potabili (si può evitare utilizzando un distillatore d’acqua). Altre fonti di assunzione di fluoro sono i dentifrici, i chewingum, le bevande gassate (come coca-cola, pepsi, ecc.). Té in bottiglia o in lattina, integratori come il Gatorade, bastoncini di pesce e di pollo, cibi cucinati in contenitori col fondo in teflon, alcuni sali da cucina fluorati, alcuni tipi di anestetici (Enflurane, Isoflurane, Sevoflurane), il Prozac (farmaco impiegato in psichiatria).

Fattori che attivano la ghiandola pineale sono invece il sonno e l’attività fisica intensa. I colori ad alta frequenza (come il blu ed il viola) e quelli a media frequenza (verde e sue gradazioni) diminuiscono l’attività del sistema nervoso simpatico, favorendo l’azione degli ormoni epifisari. Alimenti che attivano la ghiandola pineale sono: il cioccolato (il cacao è la principale fonte di melatonina vegetale), la frutta secca, i semi di sesamo e di zucca, i pop corn, le banane, le ciliegie, i cereali. Come erbe ci sono il Tè verde, la salvia, la menta, il timo e la verbena.

Le frequenze sonore sono anch’esse in grado attivare la ghiandola pineale. Andrija Puharich, morto nel 1995, era un medico pioniere in ricerche sull’elettrobiologia e sulle capacità extrasensoriali del cervello. Durante la sua brillante carriera lo scienziato ottenne 56 brevetti americani e stranieri per le sue invenzioni nel campo della medicina elettronica, della neurofisiologia e della biocibernetica. La sua mente vivace ed anticonformista lo portò a riprendere alcune ricerche di Tesla con le onde non hertziane ELF (frequenze estremamente basse), rilevandone il potenziale nocivo per l’uomo e per l’ambiente. Inoltre il ricercatore scoprì che determinate frequenze sonore avevano effetti ben precisi sulla mente umana.

Anche la meditazione influisce sull’attività della ghiandola pineale. Grazie alla Risonanza Magnetica Funzionale si è evidenziato che l’epifisi viene attivata durante la meditazione. Una delle tecniche più efficaci per attivare la pineale è lo YOGA...

Lo sciamano viene anche definito vegetalista, perché ottiene le sue conoscenze di natura spirituale o soprannaturale, direttamente dalle piante, o meglio, dagli spiriti di queste, chiamate “madri”, ed usa tali poteri a fini diagnostici o terapeutici. 

Ciò avviene tramite l’ingestione di tali piante che possiedono quasi sempre poteri allucinogeni. Naturalmente non tutti coloro che ingeriscono le varie piante allucinogene sono automaticamente vegetalisti, cioè in grado di recepirne i poteri. Bisogna prima attraversare un lungo e difficoltoso apprendistato, che consiste in un isolamento nella foresta associato ad un regime dietetico particolarmente duro, durante il quale l’adepto ingerisce frequentemente la pianta prescelta fino a quando, dopo varie sofferenze, lo spirito della pianta o “Madre”, gli appare concedendogli la sua benevolenza ed i suoi doni di potere. Poiché tale insegnamento deriva direttamente dagli spiriti delle piante, esse vengono anche dette “piante maestro”.

Lo stato alterato di coscienza rende possibile il volo magico, mediante il quale lo sciamano può entrare in contatto con altri mondi. Infatti nella cosmologia sciamanica di quasi tutti i popoli, il mondo è diviso in tre livelli: il mondo intermedio, dove siamo noi, il mondo inferiore ed il mondo superiore. In generale, nel mondo inferiore si trova il potere della guarigione; nel mondo superiore risiedono la conoscenza, il sapere, la saggezza.

L’antropologo francese Jean Pierre Chaumeil ha effettuato un interessante studio sugli spiriti o madri delle piante. Esse appaiono allo sciamano sotto forma di entità spirituali in grado di insegnare conoscenze inaccessibili alle persone comuni. Nella percezione della “madre” di una pianta maestro, consiste la differenza fondamentale tra uno sciamano ed un non sciamano, in quanto, a differenza delle comuni visioni, le madri non solo sono sempre veritiere, ma sono anche capaci di trasmettere una qualche forma di insegnamento. L’ingestione della pianta allucinogena è quindi finalizzata al contatto con queste entità spirituali. Man mano che lo sciamano avanza nel suo cammino, egli acquisisce maggiore familiarità con esse, al punto che i più anziani possono evocarne la presenza senza ingerire la corrispondente pianta, semplicemente cantandone il rispettivo canto (detto Icaro). Gli Icaro di una pianta, diversi da sciamano a sciamano, e donati loro direttamente dalla madre della pianta, sono canti che, intonati sotto l’effetto dell’allucinogeno, consentono di evocarne la presenza.

È quindi lo spirito della pianta, la madre, in ultima analisi a conferire allo sciamano il suo potere, ed è attraverso di lei che egli può esercitare la sua arte. Per i partecipanti ad una sessione sciamanica, viceversa l’effetto della pianta consisterà in una serie di visioni che va e viene ad onde, e che può essere evocato e modificato dal canto oIcaro del maestro.

I più anziani sciamani Shipibo (vivono nella selva peruviana) o comunque quelli ritenuti di grado più elevato (i Muraya), difficilmente usano bevande allucinogene per tutta la vita. Gli Shipibo, infatti, ritengono che i Muraya vivano in uno stato di “estasi permanente”, in perenne contatto con le madri delle piante-maestro, di cui possono evocare la presenza ed il potere in qualsiasi momento, senza ingerire alcun allucinogeno.

Il contenuto poi di tale stato implica che lo sciamano viva più nel mondo degli spiriti che in quello dell’uomo. Ciò si riflette dall’elevata frequenza con cui i Muraya affermano di vivere esperienze che, nel moderno campo degli studi sugli stati di coscienza, vengono etichettate come “Out of Body Experiences” quando cioè lo spirito dell’uomo, in questo caso dello sciamano, si separa dal corpo fisico per intraprendere viaggi verso altre dimensioni della realtà.


La bevanda più utilizzata dagli sciamani della foresta Amazzonica si chiama Ayahuasca

Nella lingua quechua, che si parla in Ecuador, Bolivia, Perù, Colombia, aya significa spirito e huasca significa vite. 

Quindi la parola ayahuasca viene tradotta col termine vite (vino) degli spiriti. L’Ayahuasca è un decotto ottenuto attraverso una lenta ebollizione di due piante: una liana, detta Banisteriopsis Caapi, ed un arbusto noto come Psychotria Viridis, che gli indigeni peruviani chiamano Chacruna.

I soggetti che ingeriscono l’Ayahuasca presentano reazioni comuni a quasi tutte le persone che sperimentano tale pozione: accesso a dimensioni più elevate, in cui entrano in contatto con entità divine o extraterrestri. Inoltre molti descrivono la loro esperienza come una rinascita, un risveglio spirituale, una illuminazione.Tuttavia sono anche possibili reazioni avverse quali nausea, vomito, diarrea, brividi, cefalea, aumento dei valori pressori, midriasi, notevole (ma temporaneo) stress emotivo.
Fonte: www.fisicaquantistica.it

Il terzo occhio del Tuatara

Dal punto di vista evolutivo, l’epifisi nelle antiche specie animali era sollevata e raggiungeva la parte superiore del cranio. 
Ancora oggi vive, in alcune isole della Nuova Zelanda, un rettile primitivo provvisto di “occhio pineale”: il Tuatara.
Il tuatara è una di queste sfortunate creature considerate fossili viventi. 

E’ un rettile che appartiene all’antichissimo ordine dei Rincocefali (testa a becco), detto anche degli Sfenodonti (denti a cuneo), comparso sulla terra 220 milioni di anni fa, nel Triassico, (contemporaneamente ai dinosauri più antichi) e di cui oggi rimangono solo due specie, lo Sphenodon punctatus e lo S. guntheri. Malgrado oggi i due ultimi Sfenodonti vivano entrambi in Nuova Zelanda, nel Triassico erano diffusi un po’ ovunque, e ce n’erano anche in Europa. Poi, sotto la pressione dei dinosauri, si estinsero in Laurasia circa 110 milioni di anni fa, ma rimasero prosperi in Gondwana ancora per un po’, sopravvivendo in Argentina, allora ancora tutt’uno con l’Antartide e la Nuova Zelanda, almeno fino a 65 milioni di anni fa, quando si estinsero i dinosauri.


La sua caratteristica più incredibile in assoluto è tuttavia il terzo occhio sulla volta cranica del tuatara

 Questo occhio, dotato di cornea, cristallino, retina e innervazione, non vede in realtà molto bene (non si può avere tutto dalla vita!) distingue più luci e ombre che movimenti, probabilmente.

Deriva da un organo che abbiamo anche noi umani nel cervello, l’organo pineale, che nel tuatara è diviso in due, l’occhio e la ghiandola pineale, mentre noi abbiamo sviluppata solo la ghiandola pineale. Questa ghiandola, di notte, secerne melatonina che negli animali è responsabile dei ritmi sonno-veglia, ma le funzioni esatte della ghiandola sono ancora avvolte dal mistero sia per i tuatara che per noi. A cosa serva il terzo occhio al tuatara non è chiaro, probabilmente a controllare il livello di esposizione alla luce solare. Sfortunatamente è visibile solo nei giovani, attraverso una porzione traslucida di osso parietale che poi diventa opaca e ricoperta da squame e pelle.

A dispetto di coloro che gli danno del “fossile”, il Tuatara è perfettamente adattato al clima relativamente freddo della Nuova Zelanda, anzi, forse deve a questo preadattamento la sua sopravvivenza: nel Creataceo quella porzione di terra emersa si trovava ancora piu’ a sud di oggi (tra 60 e 70 gradi di latitudine sud) e il clima rigido la rendeva inospitale per i mammiferi e, soprattutto, per altri rettili. Quando la Nuova Zelanda si e’ separata dal resto delle masse continentali il tuatara si e’ trovato a non avere competitori in quanto era l’unico preadattato ad un clima mediamente molto più freddo.

Il suo metabolismo lentissimo gli permette non solo di poter cacciare, di notte, a temperature tra i 7 e gli 11 gradi C, temperatura improponibile per ogni altro rettile, ma anche di essere estremamente longevo, sicuramente più di 100 anni ma c’è chi sostiene anche 200 o 300. Smette di crescere a circa 35 anni ma il maschio è lungo circa 50 cm, circa la metà dei suoi antenati. Per via del metabolismo lento, la maturità sessuale è raggiunta solo a 15-20 anni di età e le femmine depongono 6-10 uova membranose e morbide solo ogni 2-5 anni. I maschi sono territoriali, molto più grossi e con la crestina da draghetto sulla schiena più pronunciata, che rizzano durante il corteggiamento. Le uova sono deposte in tunnel di circa 20 cm scavati dalla femmina e la madre resta di guardia al nido per qualche giorno, dopo di che non ci sono altre cure parentali. Il sesso dei nascituri dipende dalla temperatura: sopra i 20 gradi nascono per l’80% maschi, sotto i 20 gradi nascono per l’80% femmine, e sotto i 18 gradi nascono solo femmine.

Ci sono due specie di tuatara, entrambe punteggiate, a dispetto del nome. Lo Sphenodon punctatus è più comune, ce ne sono circa 60.000 sparsi nelle isole intorno alla Nuova Zelanda.

Nota di folklore: tuatara, nella lingua Maori, significa “Spine sulla schiena”. Alle donne maori era proibito mangiarlo ma lo tatuavano in prossimità dei genitali. Era considerato il messaggero di Whiro, dio della morte e dei disastri.

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