martedì 12 aprile 2022

L’orrore dell’incesto tra le righe delle favole del '600

“Peau d’Âne” : la favola francese che racconta i tabù della coscienza

di Sara Foti Sciavaliere

Spesso capita di immedesimarsi leggendo un libro, è facile ritrovarsi in una storia che non è la nostra ma racconta qualcosa anche di noi. A volte poi un libro può diventare un buon consigliere. Per Bruno Bettelheim i racconti favolosi «offrono soprattutto l’occasione di far diventare concrete angosce indeterminate e, allo stesso tempo, di renderle molto meglio dominabili». Abituati alle narrazioni incantate di regni scintillanti, principesse bellissime, fate e magie e all’immancabile “lieto fine”, spesso è difficile conoscere l’intento originario degli autori di molte favole: smascherare le paure e gli istinti degli uomini.


“Pelle d’Asino” e l’incesto padre-figlia

“Peau d’Âne” (“Pelle d’Asino”) è una delle favole più note di Charles Perrault. Da essa si possono trarre delle suggestioni utili per illustrare alcuni tratti salienti della relazione incestuosa padre-figlia.
Protagonista della favola è una ragazzina che nasconde la sua bellezza luminosa sotto una sudicia pelle d’asino, da cui il titolo della fiaba. Peau d’Âne scappa via da casa per sfuggire all’attaccamento incestuoso del padre nei suoi confronti.

In questa narrazione di Perrault la problematica dell’incesto è descritta in modo esplicito, senza far ricorso alle consuete simbolizzazioni (matrigne, patrigni, sorellastre, streghe, orchi) con cui i sentimenti edipici appaiono mascherati nella letteratura fiabesca. Tanto che, per il suo contenuto, questa favola, nella sua versione originale, senza i filtraggi applicati in seguito, non sarebbe adatta a un pubblico infantile...



L’invenzione di Perrault di far nascondere alla sua bella eroina in fuga il bel corpo sotto la pelle d’asino, riflette in modo chiaro la percezione che la bambina abusata sessualmente ha del proprio corpo che sente sporco e disgustoso come la pelle dell’asino, con cui nella favola la fanciulla si ricopre.
La storia inizia con la descrizione di un mondo perfetto e rassicurante, un mondo ideale per la crescita armonica di un infante.

C’era una volta il più grande Re di tutta la terra, amabile per gli amici, tremendo per gli avversari, e solo al mondo a potersi paragonare a se stesso. I suoi vicini lo temevano, i suoi stati erano in pace, e vi si vedevano in ogni luogo le Virtù e le Arti fiorire all’ombra dei palmizi. La sua bella moglie e compagna fedele era così bella e affascinante, aveva il carattere così tranquillo e soave che con lei egli era più felice sposo che grande Re. Dal loro matrimonio tenero e casto era nata una figlia, ornata di tante virtù che i genitori si erano facilmente consolati di non avere avuto più larga discendenza. (C. Perrault, “Pelle d’Asino”, in “Fiabe”, BUR, 2001, p. 83).


L’armonia è tuttavia bruscamente spezzata dalla morte della regina, che prima di morire strappa al marito un giuramento: cioè di risposarsi solo con una principessa più bella e più saggia di lei. Presto la ragione di Stato induce il sovrano a cercare una nuova consorte, ma nessuna donna del regno sembra soddisfare quei requisiti che permettono di rispettare il giuramento fatto alla sua sposa. «La sola Infanta era più bella, ed era inoltre dotata di certe tenere attrattive che la defunta non aveva mai avute. Il Re lo notò per primo, e ardente di un amore infinito arrivò a pensare come un pazzo che tanto bastasse a dargli il diritto di sposarla» (C. Perrault, “Pelle d’Asino”, in “Fiabe”, BUR, 2001, p. 85). La favola segnala una condizione abbastanza tipica, ossia l’incesto si può manifestare in una situazione di instabilità per cui la famiglia corre il rischio di disgregarsi.

Foto: Peau d’Âne (Dessins pour le Cabinet des fées, 1785) - Marillier

La figlia vittima del narcisismo materno e di un morboso amore paterno

La madre della protagonista, malgrado debba abbandonare il marito, pretende un giuramento che riflette un modo di essere tipico dei soggetti narcisisti con le loro manifestazioni contraddittorie tra l’eccessivo bisogno di sentirsi amati e confermati dagli altri e l’idea di un Sé grandioso. Perrault stesso sottolinea come obiettivo di quel giuramento richiesto quello di mantenere il proprio ruolo di regina, anche dopo la morte: «La sua fiducia nella propria bellezza le faceva considerare una tale promessa come l’impegno solenne strappatogli con furberia di non risposarsi mai più» (C. Perrault, “Pelle d’Asino”, in “Fiabe”, BUR, 2001, p. 84).
È la solenne promessa richiesta dalla donna a far scattare il dramma, spingendo inconsciamente il padre sulla figlia.

La vittima che subisce l’aggressione del padre vive una profonda conflittualità interna. Di fatto, da una parte si sente impotente e bisognosa di sostegno, dall’altra parte, nel contempo, trae “piacere” dall’interesse che suscita nel padre. Pelle d’Asino chiede al genitore, come dimostrazione del suo amore, dei vestiti splendidi e rarissimi, uno color del Tempo, uno color della Luna e uno color del Sole. Così l’autore francese commenta: «A questo punto l’Infanta, cui tutti questi doni hanno finito per confondere le idee, non sa più che rispondere a suo padre, al suo Re» (C. Perrault, “Pelle d’Asino”, in “Fiabe”, BUR, 2001, p. 87). Il padre rappresenta l’autorità, l’oggetto d’amore, colui che protegge. È dunque naturale che la lotta contro la volontà del padre fa sentire la ragazza inerme e confusa, incapace di discernere tra bene e male. Da ciò derivano, di frequente, i sensi di colpa che attanagliano le vittime di incesto e la vergogna spinge la vittima a ritirarsi in se stessa e a proteggersi dalla disapprovazione degli altri attraverso l’isolamento.

La fuga dal padre-aggressore e dalla propria identità

Per salvare se stessa, Pelle d’Asino fugge dal suo regno e dal padre, coperta dalla sudicia pelliccia di un asino che nasconde quel corpo che tanto l’aveva fatta amare ma diventato ai suoi occhi repellente.

Il viaggio della ragazza è riflesso della difficoltà di vivere delle vittime. Il rifiuto della propria identità le spinge a cercare relazioni che le puniscano e le umilino per espiare la propria presunta colpa. Di fatto, la bambina abusata si sente responsabile di quanto accaduto: non può pensare che il padre sia cattivo e quindi si autocolpevolizza. Ciò genera una “violenza al Sé”: la vittima non sa più di chi fidarsi nel momento in cui i genitori, che avrebbero dovuto proteggerla, sono loro stessi i violentatori.

Inoltre la vittima di abusi attua una sorta di scissione del proprio Io, tale meccanismo di difesa è ben descritto da Perrault con una sua invenzione narrativa: la principessa abbandona la pelle d’asino solo la domenica quando si chiude nella sua stanza e davanti a un grande specchio indossa gli splendidi vestiti donatigli dal padre. «Questa dolce gioia la sosteneva e l’accompagnava fino alla domenica successiva».
La ragazza cerca così la conferma della sua sopravvivenza psichica contro la tendenza all’annientamento che suscita il rapporto incestuoso.


Foto: Peau d’âne retire sa peau d’âne - (Contes des fées, Garnier)

Il lieto fine di Pelle d’Asino

Non tutte le vittime di incesto vengono sopraffatte dal trauma. Esistono condizioni favorevoli al superamento di questa orribile ferita, una di queste è il sostegno da parte degli altri membri della famiglia.

Così anche Pelle d’Asino trova il suo lieto fine. La giovane principessa grazie all’amore del principe e dei suoceri, viene riconosciuta e apprezzata nella sua bellezza. La ragazza non si sente più sola.
Le vittime di incesto hanno la forte necessità di un supporto esterno che le permetta di creare un nuovo progetto di vita, spingendola a chiudere i conti con il passato, di cui deve utilizzare solo le parti fruibili.


Articolo precedentemente pubblicato qui il 31/01/2016
Fonte: www.ripensandoci.com (off line)
Fonte foto: utpictura18.univ-montp3.fr/


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