mercoledì 13 marzo 2013

Cruelty Free - La morte ti fa bella!

Scatta in tutta l'Unione Europea il divieto di testare cosmetici sugli animali e di vendere i cosmetici provenienti da Paesi extra europei che contengano ingredienti testati su animali.
"E' un passo avanti di importanza storica", questo il commento dell'Onorevole Michela Vittoria Brambilla. (!)
Metro, Lunedì 11 Marzo 2013


Back to the future...

Bill Statham, un Medico omeopatico australiano, ha pubblicato una guida best seller nel suo Paese: "Cosa c'è davvero nel tuo carrello?".
Milleduecento tra additivi alimentari ed ingredienti chimici per la cura del corpo monitorati, parecchi dei quali del tutto legali, ma tossici e letali.
L'elenco più completo esistente in italiano, consultabile sul sito biodizionario.it, l'ha compilato di suo pugno un Chimico assai paziente, Fabrizio Zago, all'epoca consulente dell'Unione Europea per le piccole e medie imprese e di "Ecolabel" (il marchio della UE per certificare i prodotti e i servizi che rispettano criteri ecologici). Zago ha catalogato ben 4.947 sostanze diffusamente impiegate nella produzione dei cosmetici. "Può essere utile a quanti non vogliono farsi fregare da multinazionali senza scrupoli o da produttori senza coscienza", scrive il Chimico sul sito.
Vicino ad ogni molecola c'è un semaforo: due pallini verdi promuovono la sostanza, uno solo significa che la molecola è accettabile; se il semaforo è giallo, c'è la possibilità che si verifichino problemi ma si può chiudere un occhio se il componente è alla fine degli ingredienti: vuol dire che la quantità impiegata della molecola sospetta è ridotta. Una pallina rossa indica la presenza di molecole pericolose e se ne sconsiglia l'uso. Se si incrociano due semafori rossi, allora è meglio girare alla larga: il prodotto che contiene la sostanza è da considerare, semplicemente, "inaccettabile"...


"Il prodotto cosmetico è un prodotto sicuro, se rispetta la legge. Prima che una crema finisca spalmata sulla tua faccia, c'è un tossicologo che deve approvare la formula. Ci sono esperti che devono misurare il grado di pericolosità della sostanza, anche in base al consumatore finale. Ovvio che se si usa un prodotto a bassa tossicità destinata a un uomo che pesa 70 chili su un bambino che ne pesa 10, può esserci qualche problema.".
Zago si trattiene un po', poi spara a zero. L'ha fatto anche davanti alla Commissione Europea, quando è stato invitato a discettare sui prodotti cosmetici del futuro. "La velocità con cui le multinazionali lanciano nuove materie prime sul mercato è un problema serio, alcuni aspetti potrebbero non essere stati indagati a sufficienza, ma la cosa più assurda è che non ci sia nessuna regolamentazione per la biodegradabilità degli ingredienti. Sostanze proibite perché inquinanti, possono essere tranquillamente usate per un cosmetico. Non è allucinante?".

Nel Novembre del 2008, il Ministro della Sanità francese, Roselyne Bachelot, ha ordinato all'Agenzia francese di Sicurezza Sanitaria di effettuare analisi sul rischio per il feto provocato dall'uso di cosmetici e altri prodotti chimici mutageni e cancerogeni. Una decisione seguita alla lettura di un rapporto choc sull'aumento vertiginoso della sterilità maschile (negli ultimi vent'anni i transalpini hanno perso il 40 per cento dei loro spermatozoi, e quelli sopravvissuti sono molto meno mobili) e del tumore ai testicoli, rapporto che mette sul banco degli imputati sostanze chimiche presenti in decine di oggetti di uso quotidiano.
La Bachelot ha chiesto che, sui prodotti pericolosi, sia applicata un'etichetta che segnali il pericolo. In Italia le aziende che producono cosmetici sono circa 700 e, afferma Fabrizio Zago, è difficilissimo controllarle tutte. "In Francia sono solo 120: nonostante le imprese transalpine siano potenti e capaci di attività di lobbying notevoli, da loro i controlli sono più facili. Le imprese fanno il buono e il cattivo tempo."

I prodotti per la bellezza generano ricchezze inaudite e gli enormi investimenti pubblicitari fatti dal settore, possono scoraggiare i giornali a parlar male di chi paga loro indirettamente gli stipendi. La vicenda di "L'Oreal" è esemplare: quando, nel 2006, gli attivisti di "Greenpeace" denunciarono, davanti alla sede olandese della casa, l'uso nella produzione di cosmetici di componenti pericolose tipo ftalati e sostanze olfattive di sintesi "tossiche per la salute e l'ambiente", la notizia del blitz ecologista finì in poche righe delle ultime pagine.
Nel 2009, la guerra ereditaria tra la proprietaria del marchio, l'allora ottantasettenne Liliane Bettencourt e la figlia Francoise, campeggia fissa sui tabloid e sulle copertine dei settimanali. I trucchi fanno di Liliane la più ricca donna di Francia, con un patrimonio vicino ai 10 miliardi di euro: pare che la vecchietta abbia regalato al suo fidanzato, un fotografo più giovane di venticinque anni, qualche centinaia di milioni di euro tra quadri e beni di lusso. La figlia è andata in tribunale.
Di questo si parla. Il gossip prima di tutto [1].

Va bene che "è così che tutto inizia sempre, dal molto piccolo", però, ritenere "un passo avanti di importanza storica" il blocco della sperimentazione sugli animali, quando sono venduti, ogni giorno, nel Mondo, migliaia di prodotti ritenuti scientificamente tossici e letali...


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.