sabato 14 maggio 2011

Ad ottobre parte la prima centrale a “fusione fredda”

Come fare per uscire dal petrolio senza usare il nucleare? Con le energie rinnovabili. Un’altra strada per produrre energia potrebbe essere la “fusione fredda“. In questi anni la fusione nucleare fredda è stata snobbata dall’establishment scientifico.  Lo scorso 14 gennaio a Bologna, però, in un capannone della zona industriale Roveri, il professore dell’Alma Mater Sergio Focardi e l’ingegner Andrea Rossi hanno presentato una macchina:  l’Energy Catalyzer. E ora Rossi sta lavorando in Grecia alla costruzione di una centrale da 1 megawatt.
Il tema della fusione fredda è controverso. Nel mondo scientifico, dopo gli esperimenti condotti da Martin Fleischmann e Stanley Pons nell’Università di Salt Lake City nel 1989, il dibattito non si è mai arrestato, come lo scetticismo. Fino al gennaio scorso, quando Rossi e Focardi, davanti a scienziati e giornalisti hanno effettuato la loro dimostrazione: un bel po’ di idrogeno è stato pompato in una macchina (una specie di tubo lungo un metro) che conteneva nichel e i due elementi avrebbero deciso di “sposarsi”, cioè di fondere i loro nuclei rilasciando un quantitativo X di energia e “partorendo” un po’ di rame.
Il rapporto, redatto qualche giorno dopo l’esperimento da osservatori dell’università di Bologna, parlava di “impressionante produzione di energia”: con un’immissione di energia pari a 0,6 Kw si è registrata, in uscita, una quantità di energia pari a 12 Kw.... 
L’E-cat, è stato sviluppato da Andrea Rossi (che ne detiene i segreti industriali e i brevetti) sulla base degli studi di Focardi. Funziona a moduli ed è potenzialmente replicabile su scala industriale a seconda delle necessità di produzione. Se dovesse essere confermata, la scoperta di Focardi e Rossi costituirebbe una rivoluzione nella produzione di energia. Pulita, “leggera” ed economica: “Per quanto riguarda i costi” – afferma Rossi –“si prevede 1 centesimo di euro per kWh per  l’energia elettrica e0,3 cent per kWh  termico. 2.000,00  € per kW di potenza (acquisto dell’impianto)”.
L’ingegner Andrea Rossi è un personaggio dalla storia controversa: negli anni ’80 costituì un’impresa, la “Petrol Dragon”con la quale assicurava di poter convertire i rifiuti in petrolio greggio. Fece fortuna ma durò poco: arrivarono le inchieste giudiziarie e fini anche in carcere e il suo progetto si infranse in 17 anni di processi. Una truffa secondo alcuni, un voltafaccia rispetto a un’impresa innovativa secondo Rossi.
Ora l’ingegnere sta lavorando ad Atene per consegnare, entro l’ottobre 2011, il primo impianto di produzione di energia basato sul suo brevetto: una centrale da 1 megawatt da realizzare mettendo in rete i sui catalizzatori. Della cosa si è occupata anche la televisione pubblica greca. Pare ci sia interesse anche dalla Svezia. Qui in Italia invece  non c’è alcun piano industriale, se non la collaborazione sul piano scientifico con l’Università di Bologna.
Ai nostri microfoni, in un’intervista concessa in esclusiva, Rossi ha spiegato di aver scelto un partner industriale per velocizzare le pratiche: l’iter autorizzativo per un impianto” industriale” necessita di tempi minori rispetto alla vendita per uso “domestico”, perchè il controllo dell’impianto è costante e continuo, ed affidato ad un tecnico responsabile.
Il motivo del limitato interesse dei media italiani alla sua scoperta, secondo Rossi, è dovuta al fatto che, essendo una “tecnologia estremamente innovativa“, dopo la dimostrazione sperimentale è necessaria una realizzazione industriale. Ci tiene a precisare, Rossi, che la sua tecnologia non utilizza materiale radioattivo, né in ingresso né in uscita.
radio.rcdc.it

Gli esperimenti


Mats Lewan, giornalista della rivista svedese di tecnologia Ny Teknik, ha contribuito alla conferma di esperimenti che, a quanto pare, producono energia da un processo nucleare di nuovo tipo, che non emette radiazioni mortali e non produce rifiuti radioattivi.
Gli esperimenti hanno avuto luogo il 19 e il 28 aprile a Bologna, in Italia. Il nocciolo dell’esperimento è l’invenzione di Andrea Rossi, un apparecchio di dimensione portatile che funziona a temperatura ambiente e adopera nichel e idrogeno come combustibili.
Tutti i dati indicano che l’invenzione di Rossi, da lui battezzata Energy Catalyzer (E-Cat), sia significativa di un mutamento epocale nella ricerca sull’energia nucleare a bassa energia, e possa in futuro avere ulteriori e più ampie implicazioni nel campo dell’energia nucleare in genere. In passato, i ricercatori LENR hanno di norma osservato alcuni milliwatt di calore in eccesso; ma le misurazioni di Rossi avvengono in termini di chilowatt.
Lewan, che ha una Laurea magistrale in ingegneria fisica dall’Istituto Reale di Tecnologia di Stoccolma, Svezia, ha riferito il risultato di due test positivi in un articolo dal titolo Ny Teknik ha testato l'Energy Catalyzer. La sua indipendenza, i dati, e una presentazione video molto chiara danno credibilità alle affermazioni di Rossi.
Secondo i dati riportati da Lewan, il primo test è durato 2 ore e 10 minuti, nei quali si sono prodotti 20 megajoule di energia netta, con una potenza calorica netta di 2,6 chilowatt in media.
Il secondo test è durato 2 ore e 58 minuti, ha prodotto 25 megajoule di energia netta, con un potenza calorica netta di 2,3 chilowatt in media. I dati sono simili a quelli offerti da altre dimostrazioni recenti del apparecchio di Rossi.
Lewan non ha ideato personalmente i test né ha condotto di sua mano gli esperimenti nel laboratorio bolognese di Rossi, ma non si è limitato a fare l’osservatore. Su consiglio dei fisici svedesi, ha apportato tre migliorie all’apparato strumentale, come spiegato nell’articolo.

Oggi, ha riferito al New Energy Times del proprio ruolo nei test, aggiungendo qualche commento.
Lewan afferma: “ho eseguito le misure di persona: ho pesato l’acqua e l’idrogeno, ho misurato l’intensità di corrente e la tensione, ho controllato l’acqua in uscita e controllato il flusso di vapore”.
“Ho anche discusso il set-up prima del test e fatto in modo, tra l’altro, che si mantenesse il tubo d’uscita dell’acqua sempre in piena vista, senza metterlo nello scarico del lavello, come invece si era fatto nei testi precedenti”.
“Mi rammarico solo di essermi dimenticato di eseguire un controllo semplicissimo: mi sono limitato a misurare la corrente su un solo cavo, quello ”a zero” o “neutro”. Ovviamente, ciò lascia aperta una possibilità di inganno qualora venisse impiegata una corrente molto intensa sulla fase, distribuendola in parte (1,6 amp) sul neutro e in parte sul cavo di terra (sarebbero stati necessari circa 10 amp per arrivare a 2,5 kW).
“Di questo ho parlato però sia con [Giuseppe] Levi sia con Rossi, e lo ritengo del tutto improbabile per vari motivi — non ultimo dei quali il fatto che Levi, nel test durato 18 ore, aveva misurato la potenza in ingresso con un wattmetro che controllava tutti e tre i cavi”.

Per saperne di più:   22passi.blogspot.com

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